Cartelle di pagamento verso lo stop
Sui tavoli del decreto di agosto prende forma la riscrittura del calendario per i versamenti fiscali sospesi nei mesi scorsi e si fanno largo due nuove proroghe: quella per la riscossione, che contribuisce a portare oltre i 4 miliardi la quota di disavanzo dedicata al Fisco, e la moratoria sui mutui. Per i numeri che muove, fatti da decine di milioni di atti, il nuovo stop alla riscossione è la misura a più ampio raggio dal punto di vista della platea interessata. Il decreto fermerà per altri due mesi, quindi fino a novembre, le cartelle fiscali, comprese quelle che hanno imboccato la strada della rateazione, ma anche solleciti, pignoramenti e ipoteche. Si tratta dell’amplissimo ventaglio di provvedimenti che l’amministrazione finanziaria indirizza a chi non è puntuale con i propri obblighi fiscali, e che senza nuovi interventi sarebbero ripartiti dal 1° settembre prossimo. Un bel problema: perché le richieste sarebbero piovute su contribuenti, persone fisiche e imprese, spesso ancora alle prese con i forti problemi di liquidità prodotti dalla gelata dell’economia. Per questa ragione il nuovo stop è subito finito ai primi posti dell’agenda fiscale in vista del prossimo provvedimento. La sospensione a cui lavora il ministero dell’Economia è almeno per ora limitata ad altri due mesi anche per ragioni di copertura. Perché finché si muovono all’interno dell’anno gli spostamenti delle scadenze hanno un effetto solo finanziario, in termini di cassa. Mentre quando i pagamenti slittano oltre dicembre incidono direttamente sui saldi di finanza pubblica e hanno bisogno appunto di essere coperti. In questo caso, la nuova proroga limiterebbe il problema a code di pagamenti, con un impatto tutto sommato modesto sui saldi. Gli stessi calcoli, per esempio, erano stati alla base del decretone anticrisi di maggio, che aveva sospeso i pagamenti della rottamazione-ter fino al 10 di dicembre (articolo 154 del decreto 34/2020) fissando peraltro un termine rigido, a cui non si applica la «tolleranza» di cinque giorni prevista in via ordinaria dalle regole della rottamazione. Il nuovo stop, in linea con le norme precedenti introdotte da marzo in poi, dovrebbe riguardare anche le entrate degli enti territoriali, con un impatto non trascurabile sulle difficoltà di cassa soprattutto dei sindaci: che comunque dovrebbero ottenere dal decreto di agosto più di un miliardo all’interno dei 5,2 che i calcoli governativi sul decreto d’estate assegnano agli aiuti per Regioni ed enti locali. Sempre le esigenze della finanza pubblica avevano imposto a maggio di delineare un ritmo serrato per la ripresa, da settembre, dei pagamenti sospesi alle partite Iva nei mesi della crisi, che sarebbero stati richiesti in quattro rate mensili per chiudere i conti a dicembre. Ma con il nuovo deficit da 25 miliardi chiamato a sostenere il decreto di agosto si apre lo spazio per allungare anche queste scadenze. Al tema saranno dedicati circa 3,8 miliardi, che serviranno a tagliare del 50% gli importi dovuti quest’anno. L’altro 50% andrà diviso fra 2021 e 2022. Anche in questo caso il lavoro dei tecnici di Via XX Settembre è andato alla ricerca del miglior punto di equilibrio possibile fra la volontà di andare incontro ai contribuenti in difficoltà e le esigenze della finanza pubblica. Il compromesso si traduce in un dimezzamento del carico fiscale arretrato sul periodo più delicato per la ripresa delle attività economiche di questi contribuenti, e in una successiva diluizione pluriennale che abbasserà ulteriormente gli importi delle rate: perché dopo la fine del 2020 non è la collocazione temporale di un decimale di deficit a cambiare il quadro dei conti dello Stato. Una terza proroga in arrivo dovrebbe poi, si diceva, prolungare la vita della moratoria sui mutui. La ragione è sempre la stessa, e risiede nelle difficoltà economiche di molte famiglie, testimoniate dalla montagna di mutui interessati dalla moratoria che ha raggiunto i 290 miliardi in termini di valore del debito. In questo caso, non c’è un problema di impatto diretto sui saldi di finanza pubblica.